I 10 comandamenti del gastrointerior: o c'hai la patina o sei fuori


tavolino retrò, divano in pelle consumato dal tempo, barattolo dei pelati "pelato" dall'etichetta e riciclato come posacenere o portafiori


Ve ne sarete accorti tutti, o almeno quelle e quelli che come me hanno la fissazione delle novità in fatto di ristorazione: c'è una specie di locale - sia esso sottoforma di caffetteria, trattoria, osteria, gelateria oppure caffè, ristorante e rosticceria - che va per la maggiore. Anzi - meglio dire- che è di tendenza, definizione che si scomoda quando ormai una cosa è diventata talmente ovvia, usata e cannibalizzata, che non offre più un briciolo di originalità. Né tantomeno quell'autenticità che era alla base della sua ispirazione. Progettare e arredare oggi un locale è una patologia che può essere curata solo con dosi massicce di muri sbrecciati, lampade industriali, divani di seconda mano, cassettine portaspezie, pallet assemblati, stoviglie spaiate e accessori semplici ma tanto evocativi. La nevrosi della patina del tempo ha alla base un conflitto irrisolto riguardante la sfera degli anni ottanta e novanta, probabilmente. Non v'è certezza di questa teoria, ma sta di fatto che attualmente, per aprire un posto nuovo, non si può prescindere da certe regole. E soprattutto dall'andare a rovistare in cantina o nei mercatini. E quindi, se state per fare il vostro grandioso debutto nel mondo della gastronomia, o seguite i 10 comandamenti dell'interiorista contemporaneo, o siete fuori dai giochi. Se poi ne volete fare di nuovi e più divertenti, di giochi, che ci regalino ancora un po' di genuina sorpresa, allora stralciatene almeno 5 di quelli stilati. E aggiungetene 5 assolutamente inediti. Che ci facciano sentire in luoghi sinceri, mossi dal cuore e dalla vera ricerca di chi, uno stile, lo pratica intimamente. Sperando che il tanto sbandierato "ri-uso" sia un'abitudine anche esistenziale. E mi vengono in mente due locali guru nella filosofia del design recuperato (in tempi non sospetti): innanzitutto il Clandestino di Faenza e poi il Fram di Bologna, rispettivamente guidati da due avanguardiste come Morena e Elena. Che meritano una visita accurata.




Il muro sbrecciato: vita bizzarra per gli studi di architettura in questo momento. Che se non trovano uno spazio con almeno una parete corrosa dal tempo, se la devono inventare, scrostando una superficie magari perfetta. Perché la tanto amata "memoria", prima ancora che sulla tavola, deve parlare dai muri, in un alternarsi di mattoni a vista e piastrelle perfette all'ultimo grido. In alternativa c'è l'intonaco in cemento spatolato, che un tempo si usava per finire una parete o un pavimento di servizio e ora è simbolo di ricercatezza.





La lampada industriale o di cristalli: penzolanti dal soffitto e schierate (ce n'è sempre più di una, ma si preferisce lo stesso colore) come un esercito sul piede di guerra, queste lampade si portano dietro tutto il fascino (per chi non ci ha lavorato nemmeno un giorno) della fabbrica, dell'officina meccanica, del mercato ittico. In alternativa c'è il lampadario di cristalli, che se un tempo si portava via dal mercatino con 50 euro, ora è inavvicinabile. Immediati fascino decadente e calore vintage, soprattutto se in tandem con un muro scorticato.



Il pallet : ecologico, funzionale. Negli anni ottanta/novanta veniva utilizzato solo dagli squatter o dai creativi dei centri sociali per costruire i letti sorretti dai pali innocenti. Magari come materasso c'era un futon. Vent'anni dopo tutti vogliono un pallet in casa, in giardino, negli spazi pubblici, nel ristorante come divano, nel caffè come bancone. Sono eclettici e rappresentano il ri-uso al top, anche perché sono facili da tagliare e assemblare. A quando un mondo di putrelle? Citofonare Kounellis.



Tanti specchi tutti diversi: si fa sempre più largo su almeno una parete di molti locali la collezione di specchi tutti diversi tra loro, che segue di poco tempo, quella di cornici (anche vuote) di varie forme e grandezze. E' chiaro che lo specchio deve avere uno strato di patina temporale evidente, il che si manifesta in una superficie leggermente ossidata, cornice in ottone o anche assenza di questa.





Le gabbiette degli uccelli: chissà perché ci tirano fuori pensieri delicati, riflessioni profonde, un sorriso. E dire che lì gli animali stanno rinchiusi a cantare disperati tutto il giorno. Ma la loro leggiadria è innegabile: sarà il legno, saranno i colori, sarà la leggerezza, stiamo a guardarle con lo sguardo rapito. 



Stoviglie spaiate: piatti, tazzine, posate, tutti diversi, ma rigorosamente provenienti da mercatini (o dalla casa della nonna o della bisnonna, a seconda), col fascino del tempo che vi strizza l'occhio. Le fantasie floreali accanto a un design sobrio, forchette e coltelli un po' ossidati. Però: se puntate sui piatti spaiati, scegliete almeno i bicchieri uguali. Se invece preferite bicchieri di varie fogge, allora cedete sulla posata uniformata. E' che il troppo…




La cassettina della frutta: vedi alla voce pallet e riuso. Un tempo fuori dai mercati ortofrutticoli c'erano mucchi di cassette di legno abbandonate e in attesa di esser gettate, adesso le montagnette si sono rimpicciolite e c'è chi fa la posta ai bidoni della spazzatura per trovare la cassettina preferita (la top è quella a tre barrette, un po' altina insomma, da noi una rarità) in cui mettere le erbe aromatiche appena fuori dal negozio, le riviste, farne un vassoio da sala, un espositore di cupcake. In alternativa le cassette dei vini con cui realizzare scaffali, sedute, porta posate.



Il menu e la lavagna: appena arrivate al ristorante o al caffè, vi accoglie, ancor prima della proprietaria o del proprietario, una fantastica lavagna che vi riporta immediatamente con la mente ai tempi della scuola, regalandovi un tuffo nella memoria fragrante e avvolgente, anche se voi, quella lavagna, la vedevate più da dietro che da davanti. Poi arriva il menu in tavola, sempre più spesso scritto a mano sulla carta (ambita la carta gialla da frittura usata anche per le tovagliette, magari col nome del posto timbrato) perché cambia spesso, a seconda di "quello che offre il mercato".



Bilance e affettatrici: stanno lì, solitarie, in bella mostra. Come starebbe il busto di un dittatore sul piedistallo. Sono le affettatrici e le bilance Berkel, di quel rosso pieno e antico che non ci lascia mai indifferenti. Se proprio una Berkel non la trovate, o non ve la potete permettere, potete anche puntare a una Jolly della Ciba, certo più anni Settanta e meno pregiata, ma sempre baciata dalla "patina"...






La bottega e la cucina: progettare un ristorante senza una bottega in cui vendere una selezione di prodotti a chilometro zero, della tradizione, delle nostre "eccellenze", è davvero "out". Quindi, bene i tavoli vintage, bene le stoviglie spaiate, maavanti tutta con questa seleziona che mostra la vostra ricerca e approfondisce la vostra filosofia di ristoratore.




Commenti

  1. Quando hai scritto: "A quando un mondo di putrelle? Citofonare Kounellis".
    Ho avuto un brivido diffuso ovunque... Ogni volta che ti leggo è come la prima volta.
    Sei única cara Bea
    Blue ti segue

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  2. Kounellis fa sempre un certo effetto…. ti bacio Simo :D i tuoi commenti sono sempre dolcissimi

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  3. Un acquisto fatto bene ti premia nel tempo. Prova bilancia da cucina retro. Vai su http://www.vitalbios.com/A/MTQ2NTgyODIxOCwwMTAwMDAxMixiaWxhbmNpYS1kYS1jdWNpbmEtcmV0cm8tODA1MC5odG1sLDIwMTYwNzExLG9r

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  4. La scelta della qualità è alla base di ogni acquisto intelligente. Scegli anche tu bilancia da cucina retro. Vai su http://www.vitalbios.com/A/MTQ2Nzk3MTA4NCwwMTAwMDAxMixiaWxhbmNpYS1kYS1jdWNpbmEtcmV0cm8tODA0OS5odG1sLDIwMTYwODA1LG9r

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per me è importante sapere cosa ne pensate! grazie, Bea

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