MYGuides: in viaggio con Bea



    COPENHAGEN

il Cafè del Central Hotel di Tullinsgade 1, in Vesterbro, l'unico hotel al mondo con una sola camera. Alla finestrella, Alberte, Miss Gentilezza.
Dicono che quando si fa un viaggio in Oriente, si torna cambiati. Beh, credo che ognuno di noi possa tornare cambiato da qualsiasi viaggio. O se non proprio "toccato così nel profondo" (=cambiato) sicuramente modificato e senz'altro arricchito. Io da Copenhagen sono tornata talmente ispirata… che mi son beccata una strana influenza. Ho il mal del Nord, "the nordic disease". Che è quella cosa che ti viene quando vai in un posto e ti chiedi abbastanza continuamente… ma perché sono stata così bene? O: ma perché da noi no? Perché mi commuovo se mentre vado su una pista ciclabile e un pedone ci cammina in mezzo e io gli suono…. ecco, lui si porta sul marciapiede e mi chiede scusa consapevole di tutto? O se entrando in un mercato mi resta il sorriso stampato sulla faccia per un'ora? Ho i nervi deboli dirà qualcuno. E io gli risponderò sì, debolissimi. Da questi 5 giorni a Copenhagen che sono stati come un mese, ho imparato tante cose. E ho portato a casa con me alcune storie interessanti che, come al solito, sono ispirazione per migliorare le cose qui, perché insomma, questa Bologna io la amo parecchio, ci vivo spesso momenti memorabili e mi piacerebbe vederla al primo posto in una qualunque classifica carina a disposizione. Ce n'è qualcuno cui possiamo aspirare? Poi certo, andare al nord all'inizio dell'estate, con giorni di sole continuo e la luce ininterrotta per oltre 15 ore, e le piste ciclabili garantite come le mappe fighissime della città (che recuperiamo nell'ufficio turistico dove c'è pure una bakery e caffetteria), e i sorrisi e la hyggytudine… tutto questo aiuta parecchio. Colonna sonora: Agnes Obel, opera omnia.


Un cortado per me al Coffee Collective del mercato di Torvehallerne, un modello di mercato diviso in due ale, con stand all'insegna della diversità alimentare e dei prodotti vicini e lontani e una parte open air dedicata al mercato vero e proprio di verdure, frutta e piante

Ecco, Copenhagen è una capitale delle bici, e vabbè. Ma è anche la capitale assoluta della patina, se non lo sapevate. E del design meraviglioso, così algido, così emozionante. Qui la gente si compra una lampada di Tom Dixon o un paio di sedie di Arne Jacobsen, come una teiera di Georg Jensen, un filtra tè di Normann Copenhagen, una caraffa Stelton o una gruccia di Hay, piuttosto che le stesse cose anonime, perché è normale farlo. Si nasce imparati così. Esci un pomeriggio per fare un giretto in centro con le amiche, ti dai una punta per un caffè al Royal Smushi, prima della spedizione punitiva all'ultimo acquisto (affrettarsi,qui in Danimarca esiste il diritto alla felicità e quindi i negozi chiudono alle 6 del pomeriggio e il sabato alle 4 e la domenica… ci si diverte, appunto)… e torni a casa con un irresistibile vasetto Finnsdottir da 50 euro verdementa o un portacandele Kubus di Lassen da 150 euro. Tutto ha un nome qui, tutto è stato disegnato da qualcuno e tutti lo sanno. Entusiasmo. Se poi si va sul vintage, attenzione, ci sono alcuni negozi stipati di Tolix, Jieldè, bicchieri da whiskey evocativi e cassettine francesi portabibite in legno … che vi faranno meditare di organizzare un cargo per l'Italia. A me è capitato proprio così, nel primo giorno in cui ho messo fuori il naso sulla Gammel Kongevej. Per circa 10 minuti sono stata con lo sguardo fisso a scrutare il vuoto e a pensare come avrei potuto fare a riportare a Bologna una di quelle cassettine di N.40, che in fondo costavano solo una trentina di euro. E i successivi 60 li ho fatti a rallentatore perché mi fermavo ad ogni vetrina a curiosare. Arrivare in centro è stata un'impresa, anche se, con l'Adorabile di una pazienza sovrumana, eravamo partiti dalla Tullingsgade, all'altezza della Vesterbrogade 80, nemmeno mezz'ora dal centro. E secondo me lui è ancora lì che si pente di non aver preso le biciclette fin dall'inizio, perché se pedali è più difficile fermarsi ovunque, anche se la determinazione ti porta a compiere gesti imprevedibili. Ma insomma, con 5 giorni a disposizione a Copenhagen, una città dove non ero mai stata prima, cosa dovevo fare? E non è che avevamo deciso di venire qui con la missione -al momento di maggior tendenza-, di testare un certo numero di ristoranti di cucina nordica e punto. Sì, c'era anche quella nella lista, la cucina nordica. Ma c'erano mille altre cose. In queste città è interessante anche la parte etnica, gastronomicamente parlando. Le cucine asiatiche sono sopraffine poiché le comunità sono presenze di più generazioni e non è che decidi di andare a mangiare "semplicemente" al ristorante cinese. C'è quello vietnamita, quello di Singapore, il thai organico, il noodle bar, il dim sum, il bar Izakaye jap dove bere una birra, una tazza di sakè e mangiare qualcosa e pure l'asiatico stellato! Solo per queste possibilità dovrei tornarci a Copenhagen. E, per il momento, dovendo sceglierne solo uno, siamo andati dritti aLêLê Street Kitchen in Vesterbrogade 56, vicino a casa, cibi di strada organici dal Vietnam preparati freschi tutti giorni e con vasta scelta di verdure. E con un menu su carta - da portarsi a casa, con stampata dietro la mappa - e la shopper di carta per il take away semplicemente da collezione! 

Central Hotel go Cafè in vary moment…camera da let to, finestra old school, la strutter con caffe sot to e sopra stanza, momento di relax seduti su una tolix aragosta

Poi c'era il design con le sue mille tentazioni, riunite per lo più sui tre piani di Illums Bolighus in Amagertorv 10, il paese delle meraviglie nel centro della città dove è di rigore una visita per farsi un'idea complessiva di tutto quello che dal nord arriva! Qui l'adorabile ha fatto un acquisto che io, incapace di concentrarmi su una cosa sola ma starnazzante in ogni dove, gli invidio parecchio. La teiera di Design Letters con caratteri tipografici di Arne Jacobsen (per vivere l'esperienza Jacobsen da vicino: un cocktail al Radisson Blu Royal, che ok, non è speciale, però vi permette di fare un giro nel primo design hotel della storia dove tutto, dalla scala centrale alle poltrone, alla posateria del ristorante gourmet, sono firmate dall'architetto danese) le tazze con lettere "e" e "a" è proprio bella (la trovate anche da DesignDelikatessen altro universo del design). Per di più i negozi a Copenhagen chiudono prestino, (Illum è aperto fino alle 19, tardissimo!) e quindi mi son ridotta l'ultimo giorno all'aeroporto a fare un acquisto cui avevo pensato tutto il tempo. Per fortuna che ne avevo visti anche altri, ad esempio Designer Zoo e Hay, ma anche ShopDora, proprio di fronte al delizioso caffè Granola (il proprietario è lo stesso di Hotel Central og Cafè dove abbiamo dormito la prima notte e qui si fa la colazione che è inclusa nel prezzo dell'hotel), un tuffo negli anni Cinquanta in Vaernedamsvej, una delle vie più carine della città, dove fare una colazione strepitosa con pane tostato alla cannella, crema di burro alla nocciola, marmellata e frutta o strafarsi con una cioccolata calda Valrhona di quelle che non ti fanno pentire di averla presa fuori dal suolo italiano. Se c'è il sole che vi scalda, come è successo a noi nei 5 giorni danesi, allora sedetevi fuori sulle Tolix di metallo scuro e guardate il viavai un po' hipsterino che fa tappa alla libreria, al negozio di design, agli altri bar e allo strepitoso fioraio Blomsterskuret che, in questi giorni da 13 gradi di massima, sfoggia una melanzana in fiore con piccolo frutto viola in crescita. 
colazione al Granola in Vaernedamsvej. Però consiglio tanto anche la cioccolata in tazza di Valrhona che è superlativa. Il pomeriggio che l'ho bevuta, di ritorno da una lunga gita in bici al museo sul mare Arken, son sicura di aver avvistato l'attore danese che in "The Killing" fa il candidato sindaco
Royal Smushi Copenhage, nel cortile del Royal Copenhagen (presente le tazzine coi disegni blu?) per un caffè o uno smushi,  smoerrebrod piccolo come un sushi
Relae in Jaegersborrgade: ho particolarmente amato gli asparagi verdi con aglio ursino ed erbe della spiaggia.E mi ha intrigatissima il piatto carote, salsa olandese e acetosella, che a dirlo così sembra niente e invece è un bel lavoro concettuale.

Qui a Copenhagen, cosa che succede in alcune città ed è una variante eccitante città, ci sono delle strade intriganti per shopping, cibo, vita artistica fuori dal centro. La dinamica è semplice: un posto figo decide di aprire lì e riesce a richiamare un pubblico particolarmente cool che ha i suoi giri molto centrali. Pian piano il pubblico aumenta, c'è un bel giro, ed iniziano ad aprire bar, gallerie, negozi di abbigliamento. Ecco, insomma, la storia di Jaegersborrgade, strada di spaccio, nella parte nord della città, davanti a un lato del cimitero in cui riposano Kierkegaard e Andersen, dove tre anni fa Christian F. Puglisi ha aperto Relae. Christian ha 31 anni, ha lavorato primo a El Bulli e poi come sous chef di Renè Redzepi e ad un certo punto ha deciso di aprire il suo posto. Ha coinvolto un altro ex Noma, Kim Rossen e ha puntato dritto su Norrebro, un quartiere a suo tempo non tanto hip quanto Vesterbro. Ma da un po' le cose stanno cambiando. Hanno aperto Coffee Collective (piccola torrefazione che ho conosciuto dentro allo sfavillante mercato di Torvehallerne, quello dove ho continuato a sorridere per un'ora, tanto era stupefacente l'organizzazione, la progettazione, l'offerta di ristoranti, negozi, banchetti di verdure all'aperto…. avete presente il Mercato di Mezzo? Ecco, un'altra storia), Lyst, Manfreds (che è sempre di Puglisi ed è specializzato in vini bio e menu vegetariano), Meyers Bakery di Klaus Meyer, Retro e la galleria Junglen da cui arrivano i simpatici quadri che ammirerete al Relae (i piatti e le ceramiche sono invece di un negoziato sempre lì vicino). Insomma, da Cristian F. Puglisi, chef di origini siciliane, ho scelto di fare la mia mangiata nordica. Non da Redzepi vi starete chiedendo? Eh, no. Che al Noma non si trova posto se non tanto prima e poi per il mio budget è davvero fuori rotta. Relae mette d'accordo un po' di cose, il discorso di una cucina diversa da altre e quello del portafoglio. Menu degustazione erbivoro (c'è anche onnivoro)4 portate, 3 salate e una dolce, 375 corone, ovvero circa 50 euro. Se volete l'abbinamento coi vini altri 50 euro: io e Adorabile abbiamo preso un calice e basta, felici così. Nel menu è compreso un delizioso pane fatto con la pasta madre e l'acqua. Più il servizio molto carino: penso che un'informalità così non l'ho mai degustata da nessuna parte. E in più ci siamo divertiti tantissimo, a guardare (eravamo seduti al bancone… chiedete il posto sul bancone vicino all'ingresso bagni, l'angolino: è il migliore!!!) Daniel, svedese, uno degli chef intento a preparare i cannolicchi (tipo che non li mangiavo dall'infanzia…) ricoperti di strisce di cetrioli e spinaci e le cipolle al forno (arrotolate in modo molto carino) con sciroppo di betulla. Qui ogni chef ha un piatto da preparare e quando è pronto per te arriva e te lo spiega. In generale l'atmosfera è deliziosa, aiutata anche dalla colonna sonora con una serie di canzoni a me care. Bella coincidenza. Mentre mangiavo, riflettevo sul fatto che la grande rivoluzione gastronomica danese l'ha fatta un cuoco macedone. Christian potrebbe essere il prossimo nome a far parlare Copenhagen, e lui è italiano. E culinariamente parlando, mi sa che ci tiene a queste radici, perché in cucina mica usa solo km0. Il suo olio siciliano sul pane si fa ricordare.

le danesi hanno uno stile che mi piace molto

al mercato Torvehallerne per mangiare gli smoerrebroed di Hallernes e bere una birra Mikkeller, bere un cortado da Coffee Collective, comprare le aromatiche e le verdure che arrivano dai campi di Soeren Wiuff, il fornitore del Noma, assaggiare formaggi danesi e osservare gli indigeni nella socializzazione: la parte che più adoro

il primo giorno di Copenhagen è perfetta una gita in battello, per capire cosa andare a vedere dopo, tipo le bellissime architetture: io ho scelto la biblioteca pubblica, in basso a sinistra. Standard invece racchiude tre ristoranti, ma non ho fatto in tempo a provarli

pranzo nella zona "marittima", vicino allo Standard, su una barchetta-pescheria dove gustare le frikadeller, ovvero le polpette danesi a base di pesce, e una torta di pesce ottima! Da bere: ogni tanto i succhino colorati che vedete in foto, tipo sambuca e ribes.

Jaegersborrgade
scene di design, mercato, caffè, ceramiche vintage e in basso a sinistra il delizioso bar Underkroppen in Vesterbrogade 98: mi son fatta dare la ricetta delle meringhe dal proprietario



questo è il meatpacking district di Copenhagen: ho mangiato al Paté Paté, cucina spagnola fusion e un'insalata indimenticabile, la libanese, a base di filetti di cetriolo, feta e mandorle tostate. L'esperienza cercata era quella di un venerdì sera in un locale piuttosto popolare ma con cucina interessante: troppo chiassoso, ma da vedere molto bello. In basso a sinistra c'è invece il Kødbyens Fiskebar, un'altra esperienza mancata… next time!



BERLIN

Milch Halle in Mitte: appena esce il sole tutti a bersi un caffè nei tavolini all'aperto… che son sempre pronti caso mai arrivasse un raggio

Lo sanno tutti - quelli che vanno a Berlino almeno - che ogni volta che si va in questa città, fosse anche una volta ogni tre mesi, c'è qualcosa di nuovo da vedere. Come un serial che va avanti di stagione in stagione e ci son sempre colpi di scena a tenere alta l'attenzione. Io ad esempio so già che la prossima volta che ci tornerò, magari tra un anno (sarebbe bello anche prima) l'aeroporto dove sono atterrata e da cui sono ripartita, beh, non esisterà più. Tegel diventerà una scuola, mi ha detto l'autista, informandomi della trasformazione prossima. Scuole che diventano ristoranti, aeroporti che presto ospiteranno scuole, birrerie che accoglieranno centri culturali e ristoranti che cambieranno pelle per diventare cartolerie o negozi di cappelli. Che emozione ogni volta arrivare a Berlino. Come una settimana fa, quando ci ho portato la mia mamma per il suo compleanno. Per me era forse la…non so che volta, per lei la prima, a grande richiesta. Perché vivere a Pantelleria è bello, ma dopo un po' devi farti di urbanità, di riti sociali, giovinezza, arte, design, scenari sconfinati (oltre il mare c'è di più). E atmosfera "gemuetlich", ovvero accogliente, come questa città certamente possiede.


Honolulu bar al Michelberger Hotel in Warschauer Strasse 39/40: tra bar, ristorante e camere d'hotel c'è la storia di Tom, che cercava un appartamento dove vivere coi suoi amici e che poi ha pensato che un intero palazzo fosse più adatto. Per vivere con gli amici, certamente, ma anche per accogliere i viaggiatori che vivono quell'atmosfera rilassata tipica del Michelberger, con le sue stanze pensate in vari stili e immaginari (molto bella quella con la vasca da bagno che a fianco di una grande finestra… luxury!). Il Michelberger può essere una sosta carina prima o dopo la visita alla East Side Gallery, il museo a cielo aperto fatto da oltre 1300 metri di muro che formavano la frontiera tra est ed ovest. Siamo nel quartiere di Friedrichshain e sarà interessante fare un salto all'Intershop 2000 in Danneckerstraße 8, ovvero il negozio con mostra permanente del design della DDR che la signora Elke Matz salvò dalla distruzione nel 1990, avendo accesso ai magazzini di Berlino Est, pieni di oggetti e merci particolari (anche la linea Mitropa) solitamente in vendita nei negozi di stato DDR, ovvero gli Intershop, dove si potevano fare acquisti solo con denaro straniero, la cosiddetta "valuta forte" cui la Germania dell'est teneva parecchio. Dopo il film Goodbye Lenin, è stato boom "oastalgico"
Avete presente i film di Wes Anderson? Con quell'atmosfera supervintage e pop? "con le inquadrature simmetriche e poi partono i Kinks"? Ecco, qui a Berlino sembra di vivere un po' tra I Tenenbaum e Moonrise Kingdom (che The Grand Budapest Hotel ancora non l'ho visto…ma guardando qualche trailer e foto di scena rafforzo il mio immaginario) . Sembrano tutti comparse di un set e io cerco di unirmi alla grande scenografia come posso, anche se, interiormente, so di essere particolarmente portata all'affresco esotico e surreale complessivo. E l'ultima sera, al Pauly Saal, il ristorante gastronomico all'interno dell'ex scuola femminile ebrea in Auguststrasse (una via che merita una bella passeggiata), ho anche intravisto la volpe parlante, un po' imbalsamata, a dire il vero. Mentre il giorno prima, la domenica, non ho potuto mancare una lunga e accutrata visita al Mauerpark, il mercato delle pulci e delle cose nuove dove, con pochi euro, potete creare la vostra divisa da personaggio andersoniano. Di rigore: borsetta stile cartella in cuoio naturale, cappotto di morbido tessuto con collo di pelliccia e berrettino in lana mista fatto a mano dalla Frau berlinese. E per la casetta il trofeo baita-style con le corna.

Westberlin: un caffè molto carino e accogliente sulla Friedrichstrasse (al 215), stradone ben poco interessante e pieno di negozi cianfrusaglia o standardizzati (quei posti dove l'ovest mostra il peggio di sé), dove questo caffè con una vasta scelta di bei libri e riviste e una certa simpatia per chi cerca un bar con wi-fi rappresenta un'isola felice e lontana dal caos (dalla colazione al pranzo e fino alla merenda, chiude alle 19), dopo una visita a Check Point Charly e prima di ripartire alla volta dello Juedisches Museum progettato da Libeskind in Lindenstrasse 9/14. SE avete voglia potete arrivarci da Potsdamer Platz dopo aver visitato il complesso architettonico e il Museo del Cinema.
Westberlin cafe per un pranzo a base di rape rosse e patate e sformato al formaggio di capra. E poi un caffè molto strano e acidissimo direttamente dal Drop Coffee Roaster di Stoccolma…ma qui le selezioni cambiano ogni settimana!

un cous cous al Michelberger, Blu sul ponte. la sala del ristorante del Michelberger: una gita al Friedrichshain per vedere la East Side Gallery


Friedrichshain vicino all'East Side Gallery in Muehlenstrasse


alla Claerchen Ballhaus si mangia a pranzo e a cena in un'atmosfera decadente ed eccitante in cui il tempo si è fermato per sempre ben raccontata anche dalla street art di YZ (in basso a dx)



i tre ambienti della ex scuola femminile e poi ospedale di Auguststrasse 11/13: ristorante Pauly Saal, bistrò Mogg&Melzer, il bar dalle 6 del pomeriggio. Durante il giorno questo palazzo dai mattoni rosso scuro è anche uno spazio per l'arte 


Pauly Saal per una cena, Hotel Adlon per un caffè (non prendete la cioccolata, che qui a Berlino non la sanno fare!!!) dopo la visita al Reichstag e alla porta di Brandeburgo, una fetta di torta al risolatte (ne basta una per due persone) e un caffè (anche qui, vietatissima la cioccolata) dopo una ispiratissima visita al Mauerpark, il mercato delle pulci (all'ingresso voltate a sinistra)dove ogni scatolone racchiude immensi tesori, trouvaille da cantina a pochi euro

il Cocolo ramen in Gipsstrasse 3 (in alto a sinistra) è il posto ideale dove cenare fino a mezzanotte con una ciotola di ramen e miso (in basso a destra). Un altro asiatico consigliassimo è il Transit  in Rosenthalerstrasse 68, aperto fino all'una di notte, dove mangiare Asian Tapas, un format fantastico. Anna Blume in Kollwitzstraße 83 (al centro e in alto a destra) è il caffè-pasticceria dove accomodarsi dopo una domenica pomeriggio passata al Mauerpark
interno berlinese (in alto a sx), al centro il Markthalle 9 (dove il giovedì c'è la celebrazione dello street food) con vari stand devoti a mangiarini, fiori, barattoli fantastici per la marmellata in tutte le forme e grandezze (avete presente i Weck con la fragolona?), te', caffè, formaggi, carne, pesce e Sironi, uno dei migliori forni di Berlino che fa la focaccia in mille modi, anche dolce! in basso a sinistra il caffè prima dell'ingresso al mercato col David Lynch Coffee, visione dalla Sprea di Berlino (volendo si fa il giro con il battello per ammirare le bellissime architetture), il cinema Babylon, accanto alla Volksbuehne…. molto Wes Anderson, no?

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