Di ristoranti e menu: Meoli e la ricerca di un'identità

bombette di pasta fresca ripiene di mascarpone


Sono sopravvissuta. Come molte altre amiche e molti amici sono stata travolta dalla settimana dell'arte e oggi tutto mi sembra così quieto…non so, proprio come quando, dopo una tempesta arriva una giornata di sole. Ma scritto questo, ci tengo a dire che quei quattro giorni nel turbinio dell'arte mi piacciono sempre molto, soprattutto ora che, dopo tanti anni, ho imparato a gestirli, a non farmi inghiottire del tutto. Almeno dall'ansia di far tutto. Quello che rimane sempre un po' casuale, durante Arte Fiera, è però il mangiare. Non so bene perché succede. Eppure non c'è nemmeno il tempo per fare quello, intendo per farlo bene. Per sedersi a tavola a gustare e scoprire. La scorsa settimana ho vissuto di focaccia genovese e spizzichi e bocconi di no so bene cosa. Venerdì sera sono stata a un vernissage del Mast dove cucinava Gennaro Esposito ma, a parte l'effetto stordente e piacevole del primo piatto arrivato (pesce e verdure su qualcosa di sferificato) con luci flou a intermittenza e la evocativa musica dei Goldfrapp che presagiva chissà cosa, il resto è stato file e assalto alla diligenza. Sabato sera ho mangiato qualche fetta di mozzarella al Mercato delle Erbe in una trattoria improvvisata nello spazio della via Lattea e domenica al giapponese Zushi in tarda serata, perché uscivo dal Lumiere dopo aver visto un film esteticamente provocante, benché lento, come un quadro di Hopper, appunto. Ma dalla scorsa settimana avevo lasciato in pausa alcune riflessioni, conseguenza diretta di una cena da Meoli, un nuovo ristorante che ha aperto dietro via Marconi. Location non proprio sconosciuta e aria nuova in cucina, seppur con un po' di particolari da settare.




Meoli dal nome dello chef Tony Meoli

Le riflessioni che avevo lasciato da parte avevano a che fare con: "la scelta di un menu quando si apre un nuovo ristorante". Sì perché io credo che dietro a una nuova inaugurazione dovrebbe esserci un'idea, un'ispirazione, l'urgenza di fare quel posto "che avevo sempre sognato con quella cucina che ho in mente da tanto tempo e uno stile così e cosà". E naturalmente il progetto, secondo me, dovrebbe essere il più preciso possibile, con un'atmosfera generale netta. Ma io sono io. E probabilmente le urgenze che spingono altre persone a buttarsi negli affari gastronomici non sono le stesse. E io un ristorante nemmeno ce l'ho. Probabilmente la prima ispirazione è aprire un ristorante perché è intrigante farlo. Perché c'è la possibilità di "stare a contatto col pubblico" ad esempio. Ecco, da Meoli ho avuto l'impressione che fosse un po' così. Che fosse innanzitutto un'esigenza di provare una nuova strada e vedere dove porta. Sono stata con l'Adorabile a mangiare da Meoli, circa un anno dopo che avevo visitato la Bodeguita, che nasceva proprio tra quelle pareti (ci sono tracce stilistiche di quel passaggio). Era un bel posto, è durato poco. Non ho capito perché, ma spesso vedo che l'entusiasmo di un'avventura culinaria non è ricambiato dal successo. O forse si fanno conti sbagliati o non si fanno proprio. La nuova identità del locale mi sembra più tranquilla, meno furiosa nella sua passionalità, con una personalità ancora da formare. Un po' acerba, anche se le materie prime - si sente - sono buone. Il menu non ti regala grandi suggestioni perché non è fortemente caratterizzato. Ogni tanto individui una strada e allora ti getti su quella. Ma è un po' difficile percorrerla risoluti, perché poi si perde. Inizia con le bombette di pasta fresca ripiene di mascarpone (sia io che l'adorabile ci buttiamo su quelle), coi ravioli di pasta fresca ai funghi porcini o con la zuppa di fagioli con crostini o garganelli e prosegue con tomino speck e rucola o con arrosto di maiale in salsa di mele e cannella… e io qui salto a piè pari (anche lo strudel vegetariano non so perché non mi seduce) verso…torno ai contorni, sì…e allora scorro col dito: tartara vegetariana alle noci, insalatina di cavolo cappuccio con pancetta croccante - ok no - magari fagottini caldi gorgonzola e noci o torretta di melanzane. Alla fine scelgo una crema di formaggi con noci, pomodori, aceto balsamico e valeriana, non male e patate croccanti al rosmarino davvero superbe. E durante la cena il discorso va proprio su come si fa un menu e su come io abbia la fissa di un concetto forte, in cui possa intravedere un'immaginario unitario, una storia, un'identità. Che in questo caso è quella del cuoco, siciliano, Tony Meoli, che tende verso un ricettario mediterraneo che però non si fa sentire forte e chiaro, non induce al viaggio mentale. E poi c'è Giuliana (sono tre soci) che sta in sala, che è molto gentile e che ammette di star percorrendo una direzione, al momento, un po' sperimentatrice, del ristorante. Si guarda attorno e cerca comunque di stringere una bella relazione col pubblico. Che a pranzo, ad esempio, trova un menu di primi, secondi, insalate e piatti vegetariani: c'è attenzione verso chi non mangia carne, questo è bello. Sarà solo questione di settarsi, di definirsi meglio, mentre si cerca di capire le esigenze del cliente. Che ha spesso ragione, non sempre.

finale dolce

Meoli
via Augusto Majani 1
051 036 3614
ogni mese collaborazioni con spazio San Giorgio per le mostre
chiedere il menu giornaliero del pranzo a info@ristorantemeoli.it


Commenti

  1. Io credo che la gestione di un ristorante sia una cosa difficilissima. Gli ingredienti devono essere di ottima qualità, il menù sfizioso e variegato e il feeling con il pubblico molto forte ma discreto. E inoltre ci devi pure guadagnare! Io no saprei da che parte cominciare.

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    1. hai perfettamente ragione. Io forse avrei uno/due inizi da giocarmi…ma prima studierei tantissimo!

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per me è importante sapere cosa ne pensate! grazie, Bea

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