Viaggio a Tokyo, prima parte
E' stata una breve escursione, se tale si può definire. Cinque giorni a Tokyo. Five Days in Tokyo. Potrebbe essere il titolo di una canzone della mia compagna di viaggio Silvia, in arte musicale Miss Plug Inn. Lei potrebbe scriverlo un pezzo dove, come in un caleidoscopio sonoro, passa in rassegna freneticamente tutte le visioni che abbiamo avuto in questa città...grande come il Veneto! Eppure 5 giorni possono dare moltissimo. Se si azzecca il posto dove dormire, se si studia per bene l'itinerario (brava Silvia!) e se si capiscono alcuni trucchetti logistici in questa metropoli che funziona secondo codici ben definiti. In ogni città si deve stare alle regole del luogo. Ecco, per Tokyo è la stessa cosa. E così, ad esempio, bisogna scegliere una linea della metropolitana e servirsi sempre di quella. Ce ne sono circa sei e noi abbiamo optato per la Tokyo Metro Line. Quindi se si usa sempre la stessa (il biglietto giornaliero costa circa 6 euro) non ci saranno sorprese sulle uscite: saprete sempre che dovete uscire alla exit A o B ecc. E la stessa cosa vale nei department store, che naturalmente sono stati parte integrante di questo viaggio "d'ispezione" di una capitale che sia per me che per Silvia aveva un'attrazione basata su riferimenti culturali ben precisi: la moda di Comme des Garcons o Yamamoto, l'arte di Kusama e Takeshi Murakami, i libri di Banana Yoshimoto e Haruki Murakami, i film di Ozu e Miyazaki, tutti i manga e i cartoni anni Ottanta, la musica di Cibo Matto, Hanayo, e Tenko Ueno, cantante carismatica che adoravo negli anni Ottanta e che aveva fondato la band "Mizutama Shobodan" ovvero "Polka-Dot Fire Brigade", tanto per sottolineare la dipendenza dei giapponesi dal pois...
Va bene, chiudo qui con certe ragioni per andare a vedere cosa succede nella terra del Sol Levante, anche perché ho sicuramente dimenticato tante cose. E mi concentro su un'altra questione: la cucina.
Ecco, per me Tokyo e con essa un pezzetto del Giappone, è stata soprattutto la scoperta non tanto dell'aspetto gastronomico, che un po', seppure "italianizzato", lo frequentiamo anche a Bologna, quanto dell'attrezzistica per cucinare. Non c'è nulla di differente dalla cucina italiana. Anche noi abbiamo tanti attrezzi...basta pensare a quelli per fare le varie paste. Però per me, quelli giapponesi sono stati una scoperta, soprattutto per il loro lato "pop". Qui tutto è colorato, spiritoso, infantile. Ci sono gattini ovunque. In statuette con la testa che si muove, balzano fuori da composizioni gastronomiche. Quelle che ci sono in vetrina, e che sono solo sculture di cera.
Quindi, tornando agli atterzzi ho scoperto l'esistenza delle forme per fare gli Onigiri, involtini a base di riso e alghe crude, solitamente di forma triangolaree ripieni di riso oppure di pesce o carne. Ho trovato lo shamoji, il mestolo da riso con i puntini in rilievo, vari stampini per fare i Kyraben, ovvero i bento (lunch box) con le faccine (character bento), che sto già immaginando di adattare a qualche ricetta più italiana con devozione alla decorazione. E poi una forma per realizzare da un toast un saccottino tondo ripieno, che in Giappone va moltissimo: anche Muji produce una linea food con questi biscotti ripieni di crema di azuki (ispirati ai classici, buonissimi, che si comprano ovunque, ma con concentrazione in zona del tempio Sensoji, ad Asakusa). Ho trovato anche lo stampino per fare i ravioli cinesi. E tante altre cose meravigliose le ho portate con me, nel cuore. Sarà per la prossima volta! E camminando camminando, ho trovato il quartiere gastronomico: Kappabashi, una lunga strada in Asakusa (fermata metro sulla Ginza Line verso Asakusa, Tawaramachi) detta anche “Dougugai”, ovvero la città degli utensili, che prende il nome dal Kappa, un folletto acquatico simile a una tartaruga (http://it.wikipedia.org/wiki/Kappa). Qui...lasciate ogni speranza o voi ch'entrate, Praticamente ci sono un negozio dopo l'altro dove acquistare tutto ciò che potrebbe servire per aprire un ristorante. E se vi fate prendere dalla smania (anche perché i prezzi sono a noi favorevoli) rischiate di dover acquistare una valigia-baule per trasportare il tutto.
Va bene, chiudo qui con certe ragioni per andare a vedere cosa succede nella terra del Sol Levante, anche perché ho sicuramente dimenticato tante cose. E mi concentro su un'altra questione: la cucina.
Ecco, per me Tokyo e con essa un pezzetto del Giappone, è stata soprattutto la scoperta non tanto dell'aspetto gastronomico, che un po', seppure "italianizzato", lo frequentiamo anche a Bologna, quanto dell'attrezzistica per cucinare. Non c'è nulla di differente dalla cucina italiana. Anche noi abbiamo tanti attrezzi...basta pensare a quelli per fare le varie paste. Però per me, quelli giapponesi sono stati una scoperta, soprattutto per il loro lato "pop". Qui tutto è colorato, spiritoso, infantile. Ci sono gattini ovunque. In statuette con la testa che si muove, balzano fuori da composizioni gastronomiche. Quelle che ci sono in vetrina, e che sono solo sculture di cera.
Quindi, tornando agli atterzzi ho scoperto l'esistenza delle forme per fare gli Onigiri, involtini a base di riso e alghe crude, solitamente di forma triangolaree ripieni di riso oppure di pesce o carne. Ho trovato lo shamoji, il mestolo da riso con i puntini in rilievo, vari stampini per fare i Kyraben, ovvero i bento (lunch box) con le faccine (character bento), che sto già immaginando di adattare a qualche ricetta più italiana con devozione alla decorazione. E poi una forma per realizzare da un toast un saccottino tondo ripieno, che in Giappone va moltissimo: anche Muji produce una linea food con questi biscotti ripieni di crema di azuki (ispirati ai classici, buonissimi, che si comprano ovunque, ma con concentrazione in zona del tempio Sensoji, ad Asakusa). Ho trovato anche lo stampino per fare i ravioli cinesi. E tante altre cose meravigliose le ho portate con me, nel cuore. Sarà per la prossima volta! E camminando camminando, ho trovato il quartiere gastronomico: Kappabashi, una lunga strada in Asakusa (fermata metro sulla Ginza Line verso Asakusa, Tawaramachi) detta anche “Dougugai”, ovvero la città degli utensili, che prende il nome dal Kappa, un folletto acquatico simile a una tartaruga (http://it.wikipedia.org/wiki/Kappa). Qui...lasciate ogni speranza o voi ch'entrate, Praticamente ci sono un negozio dopo l'altro dove acquistare tutto ciò che potrebbe servire per aprire un ristorante. E se vi fate prendere dalla smania (anche perché i prezzi sono a noi favorevoli) rischiate di dover acquistare una valigia-baule per trasportare il tutto.
Commenti
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per me è importante sapere cosa ne pensate! grazie, Bea