Food stories: cinque film da non perdere
Dopo quattro giorni rinchiusa al cinema, tornare alla vita reale è stato difficile. Per di più sempre immersa in film sul cibo. Che parlavano di cibo da mille punti di vista. Un arricchimento notevole per la mia passione, soprattutto perché so che molte cose viste a Slow Food On Film la settimana scorsa alla Cineteca di Bologna, difficilmente si vedranno in giro. E' un po' della serie: prendi quel che puoi che dopo resterai a bocca asciutta. Detto fatto.
Ho visto documentari sulla pesca del salmone rosso chiamato red gold
perchè in Alaska la gente vive di questa pesca e vuole continuare a farlo per sempre opponendosi alla costruzione della miniera di rame. Ho visto la storia di un pescatore olandese sui 40 anni che caccia il cefalo grigio e che non ha nessuna intenzione di rinunciare alla sua libertà nonostante la fatica, spesso, che questo lavoro comporta. Questo ragazzone con coda di cavallo e anfibi ci aspettava alla fine del film per offrire cefalo affumicato a tutti.
Ho visto la storia di donne bosniache cui la guerra ha portato via tutto, dedite alla produzione di sottaceti e marmellate con la visione di un futuro di business nonostante il capitalismo avvoltoio alle porte. Titoli su titoli che denunciavano l'imminente fine di culture e colture importanti ma che indicavano anche una strada possibile. Che raccontavano l'amore e l'intelligenza di chi, osando, si è conquistato la felicità.
E poi cinque film che mi son particolarmente piaciuti e che vi consiglio.
Assolutamente intrigante e coinvolgente il documentario della tedesca Antje Christ sui Dabbawala, ovvero i portatori di gavette, dette anche lunch box. Un organizzazione di "pony express" del pranzo a domicilio che in India è diventata molto famosa. S'intitola DAS PERFEKTE CHAOS - MIT DEN DABBAWALAS UNTERWEGS IN MUMBAI e mi ha molto colpita principalmente per il fenomeno in sé e poi per come è stato girato. Seguire questi uomini (5000 per 200.000 pasti da consegnare con percorso dalla casa al lavoro) in bicicletta nel lungo percorso del loro lavoro per le strade di Mumbay, nel casino folle che c'è, deve essere stata un'esperienza unica.
Food Inc. è film inchiesta dell'americano Robert Kenner che domanda ancora una volta a noi consumatori se veramente siamo a conoscenza ddella provenienza di ciò che compriamo al supermercato. L'industria del cibo è una macchina infernale. E questo già ce lo aveva raccontato un film come Fast Food Nation di Richard Linklater. Perché le dinamiche sono sempre quelle di una produzione esasperata per ritmi di vita all'eccesso. In Food Inc si racconta anche la interessante storia del monopolio mondiale delle sementi da parte di alcune multinazionali. Non ne avevo mai sentito parlare, mi ha molto colpito.
Dall'inchiesta e i pericoli che corriamo nell'alimentazionbe a un film che fa sognare. E' Dieta Mediterranea di Joaquin Oristrell, che potrebbe chiamarsi, facendo il verso a Greenaway "The cook, the husband, the lover". Gli spagnoli, in piena ispirazione Ferran Adrià, fanno film sul cibo pieni di magìa, romanticismo, affrontando però anche risvolti sociali inretessanti. Sulla famiglia e l'amore. Ecco quindi questo film di cibo e sensualitò che racconta la storia di Sofia, passione culinaria fin dalla tenera età e amore per due uomini che la adorano. Senza amore Sofia non è ispirata, ma quando la passione entra nella sua vita lei sogna e materializza nella cucina del ristorante. Che, nel film, si dice sia in alcune scene El Bulli di Adrià.
Eccomi arrivata agli ultimi tre film.
Terra Madre di Ermanno Olmi è stato a Berlino e ha vinto un grande premio, è uscito al cinema da poco ed è un film importante. Io ho pianto tutto il tempo. Partendo dal grande congresso internazionale svoltosi a Torino nel 2006 e promosso da Slow Food con gli agricoltori, allevatori, pescatori di tutto il mondo Olmi racconta l'atto della produzione di chi ha deciso di non cedere alla produzione di massa e far da sé.
Per finire "Bottle Shock" di Randall Miller, l'avvincente storia di come il vino californiano Chateau Montelena, negli anni settanta, grazie a un "blind tasting" a Parigi, divenne celebre battendo i vini francesi.
Si chiude con il documentario austriaco Food Design di Martin Hablesreiter, che ci porta nel backstage del cibo. Come si decidono le forme, i colori e persino i rumori di ciò che amiamo. Intrigante e realizzato molto bene tra riprese audaci ed elaborazioni grafiche fantasiose.
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per me è importante sapere cosa ne pensate! grazie, Bea