Il giapponese un po' italiano: Zushi


Lo sappiamo tutti ma proprio tutti, la cucina giapponese è da un paio d'anni la nuova mania di noi italiani. Però ce l'hanno suggerita i cinesi, aprendo ristoranti su ristoranti coi loro cuochi e la loro gestione. A volte camuffando meravigliosamente locali che un anno prima offrivano involtini primavera e che improvvisamente servivano sushi, uramaki, futomaki. Pare  anche, infatti, che i cinesi siano molto molto avanti riguardo alla conoscenza dei trend globali. In materia di ogni cosa: capelli, arte, gadget...costume e società. Del resto, un popolo con una tradizione così ricca e complessa, anche e proprio in fatto di cucina, seppur traumatizzata dalla storia, dagli eventi e dalla politica, è forse normale che abbia una marcia in più.
Ma volevo parlare del Giappone e della mania del sushi, soprattutto.





E di quanti ristoranti ci siano, ora, in una città media come Bologna e di quanto fosse difficile solo fino a due anni fa, sperare di mangiare sushi e affini da queste parti. Già negli anni Ottanta c'era chi ci aveva provato (ricordo la Coop e il suo ristorante), ma una cena nipponica costava sulle 90.000 lire. Oppure bisognava andare dalle parti di Carpi dove, se non sbaglio, ce n'era uno buonissimo e a miglior prezzo. Io avevo conosciuto il sushi, nel senso di mangiato la prima volta, durante un viaggio in Brasile, a San Paolo, dove risiede la più importante comunità giapponese del mondo. Era fine anni Ottanta e scoprìì là questo cibo più tutta una serie di giapponeserie, tipo il futon, che mi sarei voluta portare a casa, le ciottole laccate, i piatti in ceramica.... Costava troppo la spedizione del materasso, e così ripiegai su Berlino qualche tempo dopo. Anche lì facevano i mitici materassi e me ne feci mandare uno a Bologna.


Insomma, mi perdo continuamente, ma i ricordi sono belli e quella giapponese, dal cibo alle cose per la casa, dalle stoffe ai thè fino ai designer favolosi come Comme des Garcon, Yohji Yamamoto, Issey Miyake o Nigo, ai cineasti come Osamu Tezuka e Hayiao Miyazaki, agli artisti come Yayoi Kusama, Yoshimoto Nara, Takashi Murakami o Moriko Mori e alle icone pop come Astro Boy, è una cultura che amo. Comprese le buone maniere e l'ironia grandissima.
Quindi, tornando a noi, ecco che a Bologna ha aperto un nuovo ristorante giapponese, con gestione italiana. Si chiama Zushi ed è, insindacabilmente, la quintessenza della visione che l'italiano ha, col tempo, forgiato rispetto a Giappone e in particolare verso la sua capitale, Tokyo. Gran design, minimalismo, essenzialità, luce sofisticata, materiali eleganti. Questa, non c'è che dire, è sicuramente una faccia del Giappone, ed è arrivata in città, dove, comunque, già ci aveva pensato So Sushi, il primo dei primi con questa estetica e un occhio alla materia prima.


Zushi è un sogno da pagine di Elle Decor perso tra bianco puro e verde wasabi, che mette il cuoco, anzi i cuochi...circa 4/5 (direi cinesi, koreani, giapponesi), in vista, con la tipica cucina dietro al vetro ( come da Tokio). I proprietari sono di Vicenza e hanno già un certo numero di locali sparsi per il nordest. Con la città felsinea mi pare sia iniziata la colonizzazione del centrosud. L'atmosfera è accogliente e incredibilmente "sabato sera fuori con gli amici giusti" e il servizio buono. Una grande scelta di sushi, sashimi, uramaki, futomaki, nigiri, hosomaki, temaki e maki e piatti caldi come yakisoba, gli spaghetti di grano saraceno (con gamberi e polpa di granchio) saltati che, pur essendo entrato nella tradizione jap, è di origine cinese; tempura (fritto) misto o di verdure; yakitori (spiedini di pollo), teriyaki (effetto lucido dato dalla carne marinata e grigliata), noodles alla piastra (yakiudon), zuppa miso e zuppa udon (spaghettoni) con gamberi. Ci sono an che due insalate, con alghe wakame piccanti, pomodoro, tofu e sesamo (deliziosa) e quella con granchio, tonno sashimi, gamberi cotti, cetrioli e insalata verde (apparentemente deliziosa, ma troppa insalata verde tagliata in foglie troppo grosse e dure).
Alla fine della fiera, Zushi mi piace. Solitamente mi permetto un piatto mixed da 8 pezzi, tra sushi e uramaki (8 euro) e yakisoba (8 euro) o in alternanza japan salad (6 euro) e tempura mista (13 euro) più birra asahi 44cl (4,50) o sapporo da 65cl (6 euro) da dividere o the verde caldo (2,50)...che però, se non ricordo male, forse in Giappone non lo danno per pranzare, ma potrei dire un'eresia. E forse non danno nemmeno il simpatico rotolino con la nutella... ma ce lo teniamo, va'! Col coperto aggiungiamo 2,50 euro. E' una scelta interessante perché ci si sta bene, ti senti un po' là a Tokio o forse a New York dal giapponese (ma sì, dai, certi viaggi te li fai...) e lo stomaco non ti impreca contro e per di più è in zona strategica, di fronte alla cineteca, che per me è un po' una seconda casetta.

Commenti

  1. sono andata tanti tanti tanti anni fà in un unico ristorante giapponese dove ci aveva portato l'isegnante giapponese di pianoforte di mio marito e mi ricordo un pranzo buinissimo e speciale, poi più nulla... qui nei paragi non c'è nulla che valga la pena assaggiare... mi piacerebbe davvero poter risentire quei sapori e queli profumi

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  2. Sono disperata perchè con il mio solito browser non riesco più a lasciare commenti sul tuo blog (e sugli altri di Blogger...) Cmq leggo, leggo, leggo. A presto

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  3. Ma dai, lo provo senz'altro questo posto ! Io non sono davvero innamorata del sushi, non sono mai stata conquistata completamente (sono bastian contraria, tutto cio' che e' di moda ed apprezzato dalla maggioranza lo rifuggo per principio ... hai presente Nanni Moretti in Caro Diario '...io credo nelle eprsone, pero' non credo nella maggioranza delle persone ...' ? Ecco :)
    Poi sono impedita irrimediabilmente coi bastoncini, sono un'occidentale maldestra incapace di apprezzare le loro soavi sfumature, solo di ammirarle a distanza. In conclusione, questa contaminazione (rotolino con la nutella a parte) mi ispira assai !

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