Cene segrete, workshop da alchimisti e la cucina anti-moda: c'è fermento a Bologna!
cena di fermentati (cocktail e cibo) alla Scuderia |
Sono sincera nel dire che non ho capito subito quello che Pina Siotto sta combinando da qualche anno. Mi è stato ben chiaro da subito, che le sue dimissioni dal Centro Natura qualche mese fa, non avevano a che fare con "problemi con la proprietà", come sempre più spesso avviene in questo mondo affascinante e al contempo balordo della cucina. La cuoca vegetariana, vera indagatrice del mondo naturale (con un'estensione che va ben oltre il proprio orto), voleva avere più tempo per esplorare nuovi ambiti culinari, per crescere insomma. E, oltre ad aver rinnovato quest'anno la direzione del suo corso di formazione nella ristorazione Veg-Vegetariana, Siotto lancia proprio domani pomeriggio in città, il primo summit sulle fermentazioni tradizionali giapponesi in cucina, in collaborazione con l’Associazione Washoku Kentei-certificazione sulla cultura del cibo giapponese, da Scarto, il primo "zero waste bar" bolognese in via della Braina 11/a, che serve cibi e cocktail fermentati e che per l'occasione ospiterà Marco Fortunato e Nicolò Pagnanelli. Ma non è tutto: il 12 dicembre, alla Scuderia, ci sarà una "Koji Dinner" promossa dal Food Alchemist Lab. Infine dal 4 al 6 febbraio allo spazio Eta Beta in via Battirame 11, "Kojiology", workshop della maestra giapponese Malica Ferments.
Ma vi dicono qualcosa questi nomi? Sentite il mondo della fermentazione come ambito da iniziati? Un po' le cose stanno proprio così ed è per questo che ho pensato di approfondire la faccenda, ponendo qualche domanda a Pina Siotto, davanti a un calice di Kombucha.
ravioli in brodo di tamari del Food Alchemist lab |
Pina cos'è il Koji?
E' un fungo filamentoso, una muffa, che viene utilizzato in alcune cucine dell'asia orientale per trasformare diversi prodotti vegetali, soprattutto cereali e legumi. E' alla base della cucina giapponese, per la produzione del Miso, della salsa di soia, dell'aceto di riso, del sakè e di tantissimi altri cibi della cucina tradizionale nipponica, ovvero Washoku, che non conosciamo nella quotidianità. Si fanno tantissime cose, anche marinate, per conservare e trasformare diversi cibi, non solo soia e cereali.
Perché hai iniziato a esplorare questo campo culinario?
La fermentazione è un processo di trasformazione del cibo ad opera di elementi naturali. Mi ha affascinato di questi processi il fatto che sia la natura a fare tutto il lavoro, al di là dell'ego del grande chef che si inventa una cosa. Almeno, così dovrebbe essere, ma in realtà con gli anni, questo pensiero l'ho un po' rivisto, perché in realtà c'è chi non vive la fermentazione in questo modo. Certamente è un ambito in cui è possibile fare tantissima sperimentazione ed è quello che si sta facendo col koji. Adesso, in tutto questo filone nuovo di sperimentazione in cucina, si sta provando a utilizzare il koji nei cibi più improbabili, e sicuramente chi è curioso può sperimentare tanto, sempre per quella ricerca dell'umami, ovvero dell'insaporimento del cibo. A me però interessa molto anche un'altro aspetto della faccenda, ovvero le motivazioni più salutistiche, per cui si può avere un cibo che trasformato dalla fermentazione presenta una maggiore biodisponibilità dei nutrienti, una maggiore ricchezza e varietà nutrizionale, soprattutto alla luce di quello che in ambito scientifico si sta studiando per quel che riguarda l'importanza del microbioma.
Per i neofiti?
E' un sistema, una popolazione di batteri di diverse specie, che vengono ospitati dal nostro organismo e che in una situazione ottimale collaborano determinando il nostro stare bene. Quindi, grazie alla capacità che abbiamo oggi di vedere nel "micro" con strumenti scientifici, diventa anche un discorso filosofico, sulla posizione dell'uomo in questo universo. L'uomo è in una "scala" della vita, non un universo compiuto a sé, isolato, ma colui che a sua volta ospita della vita, dipende dal benessere di altri esseri più piccoli di lui, il che cambia tanto la posizione dell'uomo nell'universo. Gli aspetti filosofici sono quelli che appassionano tanti fermentatori, che si fanno domande sui sistemi di organizzazione sociale, sulla politica. La fermentazione è veramente una vastità di argomenti non limitati all'umami o all'aspetto nutrizionale... abbraccia anche la cosmogonia.
Fermentazione e scarto... quanto è necessario fermentare nella nostra società?
Come si butta il cibo? Come si può utilizzare al meglio il cibo scartato? Naturalmente c'è anche questo argomento da trattare, anche se da noi magari la fermentazione come possibilità di utilizzare gli scarti non implica la sopravvivenza, rimane comunque importante come atteggiamento di rispetto del pianeta. Tra l’altro è interessante sapere che una fascia di persone che lavorano con l'informatica, i cosiddetti nerd, che amano l'autoproduzione in tutti i sensi, si autoproducono anche il cibo e la fermentazione permette loro di avere del cibo pronto e disponibile nelle lunghe sessioni nel web, piuttosto che ordinare da un delivery del junk food, ben poco etico dal loro punto di vista.
Commenti
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per me è importante sapere cosa ne pensate! grazie, Bea