ASPORTO: conversazioni all'ora delle consegne, nelle cucine di Bologna: Luca Giovanni Pappalardo


 

Da un po' di tempo cercavo un linguaggio nuovo del racconto.

Cercavo un modo nuovo per raccontare la mia città, dopo averla setacciata in ogni anfratto gastronomico, per anni.

Oggi però, tutto è cambiato nella procedura e il futuro sarà diverso, forse.

Volevo parlarne con gli amici di sempre.

 

Luca Giovanni Pappalardo, Pane e Panelle

 

Come stai in questo metaforico "dopoguerra"?

Sto bene. Tu lo chiami dopoguerra, che ha un sapore naturalmente tragico, ma in realtà l'ultimo anno è stato costellato da continui dopoguerra, perché è stato un continuo prendere e lasciare, con le chiusure e le aperture che si sono succedute a lungo... e le chiusure, soprattutto, molto casuali, che seguivano l'indice di contagio, il cosiddetto RT. Il vero dopoguerra l'ho vissuto dopo il primo lockdown, quando ancora non c'era una coscienza pura di quello che stava succedendo e ancora non si sapeva come si sarebbe affrontato tutto, dal punto di vista economico, politico e sanitario. Poi è arrivata la stagione calda, dove il lavoro va velocissimo. Wow, abbiamo pensato, sono arrivati gli americani a liberarci, con tutti i pro e contro.

Quindi adesso che momento è?

Un susseguirsi di intervalli.

 

Come te li vivi?

Umanamente ho fatto tesoro delle ferite e delle cicatrici che mi sono rimaste dal lockdown, anche psicologiche.

 

 

Ad esempio?

Ad esempio che la tua carriera sia arrivata a una sorta di capolinea. Ora invece ho più fiducia, perché ci siamo organizzati meglio, abbiamo capito le dinamiche economiche, siamo riusciti a mantenere una situazione lavorativa accesa, viva, quindi, per quanto gli asporti ci facciano il solletico, perché non riesci a manatenere la baracca quando di sera passi da 300 clienti a 30, ma almeno siamo vivi, produciamo. Quello che posso dirti, parlando di un vero cambiamento, è che tecnicamente è mutata la mia visione del piatto.

 

 Come? 

 Quando devi consegare a casa devi valutare di nuovo tutte le cotture e le temperature, perché il piatto non arriva subito al tavolo, ma deve arrivare fino a casa. Quindi diventi un po' come lo chef personale, devi anche dare i consigli di cottura a seconda del forno, elettrico o a gas. E così via.


Il lavoro è cambiato in cucina e immagino si tiri dietro tutta la filiera.

Certo. I pescherecci non escono più come prima e questo vuol dire che non si trova  facilmente tutto il pesce dai fornitori. Ogni tanto hanno di prodotti, altre volte no. Quindi le alici e le sarde che per noi erano un prodotto fisso, possono anche non arrivare. Si cerca di viaggiare maggiormente sui pesci poveri, cosa che io comunque ho sempre fatto, cercando di mantenere i prezzi bassi, perché la vera crisi economica sarà quella che verrà, quando sbloccheranno i licenziamenti. Al momento credo di avere tanti colleghi che sono a spasso, per quello che mi riferiscono i fornitori. Limitare i danni è ora il mio lavoro, tenendo viva la fiamma. Perché sai... potevamo andare tutti in cassa integrazione e abbassare la serranda, ma finché ce la facciamo, la teniamo accesa una luce sulla strada.

 

 

Un cambiamento di investimento in tempo ed energia, è stato uno shock?

No, sarebbe folle farsi investire da uno shock, solo in maniera negativa, perché non porterebbe a nulla. Il mio ruolo è quello di sostenere tutta la brigata, che mi manca molto, perché non si lavora insieme, ci vediamo poco. Nella testa, quindi, si muovono tanti progetti, anche aperture di nuove cose, noi investiamo.


L'asporto, che tutti hanno dovuto inglobare come modalità, ci ha messo lo zampino?

Posso dire che abbiamo imparato a fare un lavoro e che lo facciamo molto bene. Quindi presto arriveremo con una sorpresa, forse addirittura su due fronti.


Sarà una rosticceria? Le difficoltà della pandemia hanno messo in luce le possibilità di una cucina anche alta, per materie e idee, ma più dinamica

Chi lo sa... pasticceria e rosticceria insieme? Forse. Homer Simpson diceva: nei momenti di crisi nascono le opportunità, e io mi fido del poeta. Sta di fatto che ci siamo trasformati... io sono siciliano, per me il cibo di strada, buttarsi fuori casa, è la normalità.

 

Bologna è poco fantasiosa da questo punto di vista?

Sì, qui c'è la pizza e c'è il sushi. C'è posto per altro.

 


Commenti

Post più popolari