Bologna in tavola vista da Cina e Giappone
un tè con Satomi, nata a Miyazaki-Ken, nel sud del Giappon, cantante lirica e in Italia da 28 anni. Un tè con Dis, nata a Wen Zhou, nel sud della Cina, totolare del ristorante cinese Pagoda, da 25 anni in Italia |
Quando si è in compagnia di amici e ci si trova a parlare di cibo - due situazioni piuttosto diffuse della nostra quotidianità, credo - succede di scambiarsi opinioni e dritte sui ristoranti. Da quello coi tortellini più piccoli e tradizionalmente giusti a quello con la pizza più fragrante ma anche digeribile. Dal cinese migliore al giapponese più autentico... tema, quest'ultimo, su cui si dibatte parecchio senza mai arrivare a una tesi definitiva. Anche per il cinese a dire il vero. E' un po' sempre come parlare di calcio e politica, spesso tutti rimangono della stessa opinione. Anche io, talvolta. Però ci ripenso spesso e qualche giorno fa, dopo aver mangiato al mio ristorante cinese preferito gestito dalla titolare Dis e aver incontrato la mia amica giapponese Satomi all'XM24, in fila al banchetto delle arance siciliane, mi è venuto in mente di fare una chiacchierata con entrambe davanti a un buon tè e togliermi qualche curiosità sul cibo in città, da un punto di vista diverso. Cina&Giappone VS Bologna.
Incontro Dis al Pagoda, un giorno della scorsa settimana alle 2 del pomeriggio. Lei lavora 6 giorni su 7 e di tempo libero non gliene rimane molto. Il mercoledì, giorno di chiusura che salta se è un festivo, riesce qualche volta ad andare a mangiare fuori o a cucinare. E quando è in cucina a casa sua e può decidere lei, la scelta cade spesso sulla cucina italiana, anche perché suo figlio , ad esempio, non ama il riso in bianco ma va matto per la pasta. A lei i piatti italiani che piacciono di più sono la parmigiana di melanzane, le tagliatelle al ragù, i tortellini in brodo (ha una sfoglina di fiducia da cui acquista) e anche il pesce crudo, che nel ricettario cinese non esiste. Adora l'olio d'oliva, che in Cina non c'è, ed è disposta a spendere molto per mangiare del buon pesce... cosa che a Bologna non ha ancora trovato. Lei viene da una città di mare e da una famiglia di cuochi e il suo gusto è piuttosto raffinato in questo senso. Anche se ammette che al Pagoda, per riuscire ad avere dei prezzi popolari, col pesce fresco non si può lavorare. E poi le piace una cucina che la sorprenda. E i ristoranti piccoli e intimi dove va a pranzo o a cena quando è in libera uscita. Proprio il contrario dei suoi connazionali, che frequentano locali grandi e con tanti coperti, proprio come farebbero in Cina, dove non esistono i "ristorantini", a parte i Club Privé di Pechino, una recente ed elitaria new entry nel panorama gastronomico della città. Luoghi del cibo spesso aperti dentro ai parchi o ai monasteri. Tra un sorso di te e una chiacchiera, ci siamo scambiate alcuni consigli su posti dove mangiare e devo dire che lei è proprio una cinese particolare. Più integrata nella città e coi suoi abitanti italiani che con quella cinese che lei stessa riconosce essere particolarmente chiusa. "So che i miei connazionali prediligono posti grandi dove scelgono dal menu le solite cose perché non conoscono bene la cucina italiana - racconta - E quindi ordinano pesce, vongole, cozze e la bistecca, cosa che io non prendo mai perché se voglio una bistecca buona devo andare in Toscana. Se mangio carne a Bologna preferisco un coniglio alla cacciatora". Per un gusto cinese generale, comunque, risultano un po' strani il formaggio (che in Cina non c'è) e i dolci che da noi son fatti con le uova, mentre in Cina non ci sono. E anche Dis, che adora invece i golosi dolci italici della pasticceria Carosello, quando vuole farsi del bene si dà al riso glutinoso con sesamo nero macinato e frutta secca...una proposta che ha tolto dal menu del Pagoda da un po' di anni, perché non aveva grande successo. Per la tradizione bolognese Dis va al Biacchese a San Lazzaro, per il pesce ha provato l'Acqua Pazza in via Murri 168, e una carne speciale la mangia alla Frabaccia di Corticella in via Gramsci, dove fanno la picanha, un grosso pezzo di manzo cotto alla brace servito su piastra rovente, da affettare al tavolo. I suoi figli adorano la Gigina, che per lei propone una cucina un po' pesante seppur buona e la pizza l'ha provata da Reginella in via dell'Arcoveggio: buona sì ma con servizio così così. E detto da lei c'è da crederle: il suo, al Pagoda, è davvero adorabile.
Satomi è arrivata a casa mia ieri pomeriggio, per un tè verde... cinese. E' quello che mi aveva regalato Dis, un te speciale arrivato dalla Cina, dal giardino di un'amica, dove cresce spontaneo. E così l'ho degustato anche con Satomi che solitamente, quando vado a trovarla a casa sua, mi offre buon tè giapponese, naturalmente. Cantante lirica e insegnante di musica - le sue esibizioni che più mi sono rimaste nel cuore sono quelle in cui canta le canzoni napoletane in giapponese - questa simpatica e arguta donna giapponese che è anche mia vicina di casa, adora la cucina italiana, che è riuscita a fare apprezzare anche alla mamma ottantenne che le ha sempre detto: "se poi ti vengono delle allergie ricordati che è quella roba italiana che mangi". SI deliziava con i nostri manicaretti ancor prima di venire a Bologna, adorando il pesto (guarda caso ha poi sposato un genovese), le tagliatelle col ragù e gli spaghetti al pomodoro. Anzi, ancor prima prima, negli anni Settanta, quando studiava arte e leggeva i poeti francesi, si faceva spuntini di camembert e Kosyu wine, un vino un po' dolce che simboleggiava la bohème. A casa erano di rigore miso e salsa di soya e fuori solo cucine straniere. Del nostro ricettario nazionale non getta via niente, forse solo il tartufo e il gorgonzola, cui si è avvicinata da pochissimo. Ma in generale, in giappone come in Cina del resto, la cucina italiana va molto di moda e se proprio c'è una cosa su cui i giapponesi sono un po' più sensibili è l'olio d'oliva: loro non lo usano e lo riconoscono da un certo pizzicorino che gli prende il naso. Avanti le girelle, la focaccia genovese (quella bolognese è troppo asciutta e pesante), il borlengo e il concetto dell'imbottitura con insaccati in generale. Ma se deve andare al ristorante? Le sue scelte sono per la Trattoria del Borgo a Monteveglio sulla cucina tradizionale, per Prima della Pioggia se sceglie una cucina contemporanea, Ambasciatori anche se è caotico, l'Enoteca con cucina Uninauino per le invenzioni deliziose, Casa Monica in via San Rocco per il menu e l'ambiente, Terzi in via Oberdan per il caffè e Gamberini in via Ugo Bassi per l'aperitivo. E se ha voglia di Giapponese? Per lei il migliore, soprattutto per la preparazione del riso fondamentale nel sushi, è Zushi in via Pietramellara.
ma che bel post Bebe!!!!!
RispondiEliminaHai fatto pure venire voglia di provare il Pagoda, a me, che se mi proponi un cinese rispondo: manco muerta!
Davero Ivana? non sapevo... Pagoda è da provare...anche per conoscere la dolce Dis!
RispondiEliminaeh sì...mi sembrano tutti uguali...e tutto ha lo stesso sapore: preferisco una bella tagliatella :)
Eliminavedrò comunque di provare il pagoda...devo dire che mi manda la Bebe? :)
ah ah...(se lo dici forse ti becchi una sorpresa!)
RispondiElimina