Le gitarelle: Castelvetro e il Lambruscoshire (Modena)

 

 

l'ingresso di Castelvetro, 122 metri di altitudine

Nel 2020 i nostri confini si sono ristretti e quindi -ognuno a modo suo- abbiamo dovuto allargare i nostri orizzonti. Come ha scritto Marcel Proust, facendo diventare le sue parole così sensate una citazione, tanto son state scritte e declamate, "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi". La revisione personale della vita è stata cosa di tutti. Paure, fantasmi, un confronto così intimo con se stessi, non era mai stato tanto collettivo. E se per tutta la vita avevamo cercato respiro in viaggi lontani, ci siamo dovuti ridimensionare e dare una chance all'"attorno a noi". Un po' per carattere, i nuovi occhi ho cercato di averli sempre, soprattutto da quando ho deciso di scrivere questo blog. Perché vedere il bello e l'insolito nella città dove sei nata e di cui solchi le strade per decenni, spianando strati su strati di sentimenti belli o angoscianti, ma sempre superandoli restando sui tuoi assi, non è sempre stato facile.

Anch'io, viaggiatrice soprattutto di isole più o meno note o di città dall'appeal culturale prima che turistico, mi sono fermata. E come tutti, ho iniziato a fare piccoli viaggi. Anzi, mi piace chiamarli "gitarelle". Andata e ritorno in giornata. Spostamenti rigorosamente in regione, secondo la legge. E per di più, dato il momento storico, tra le limitazioni che fanno di questa vita un Dogma 95 all'ennesima potenza, e che mi sono data, c'è anche il pranzo all'aria aperta: o pic nic o seduta fuori, nonostante il freddo. 

 

Castelvetro e il salotto innevato

 A poco più di mezz'ora da Bologna, la città dove vivo, si arriva a Castelvetro, che, sono sincera, non avevo mai visitato prima: c'ero stata negli anni Novanta per ascoltare Nick Cave e i suoi Bad Seeds all'Albert Hall di Ca' di Sola, frazione di Castelvetro, appunto. E non bevevo nemmeno il Lambrusco. Le gitarelle, per me, sono un'esplorazione di nuove terre, nulla di preparato a tavolino, un caffè al volo in un baretto, magari carino, ma magari anche no. In questa occasione, mi sono fatta catturare da una tazza bianca dalle forme retrò, che una ragazza teneva fra le mani, seduta su una scalinata. Apparteneva all'Eglise cafè... che in effetti si trova proprio davanti alla chiesa. Un posto très chic, che è un po' anche una sorpresa. Ma a parte un veloce caffè... non so dirvi come si mangia, ancora non sono pronta per i locali affollati. Bisognerà tornarci in un altro momento. Bisognerà tornare anche in queste terre cugine, quando la luce della primavera porterà un conforto grande alla nostra voglia di rinascita. E girare tra le piccole geografie emiliane in cerca di torri, castelli, cantine e ricette della memoria.



caffè americano in tazza bella

Eglise Cafè

ho cercato un paesaggio adatto a un picnic di febbraio... che è un rituale alquanto audace, lo ammetto. Ma se c'è il sole, come in queste giornate, all'aperto si respira una vita nuova



la piazza della Dama di Castelvetro, il motivo per cui volevo venire qui a fare una gitarella



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